Bicchiere: Calice
Metodo: Shake & Strain
Decorazione: Peel di limone e bordatura di zucchero
Ingredienti:
- 60 ml di Brandy
- 7,5 ml di Curaçao
- 7,5 ml di Maraschino
- 7,5 ml di sciroppo di zucchero 1:1
- 10 ml di succo di limone
- 2 dashes di Angostura aromatic bitters
Preparazione:
E’ importante iniziare prima con la preparazione del bicchiere.
Meglio utilizzare un calice approssimativamente da 120 ml con la bocca non troppo larga per permettere alla buccia del limone di incastrarsi bene sul bordo.
Scegliamo un limone dal diametro grande quanto il bordo del bicchiere e con un pelaverdure procediamo a tagliare un peel allo stesso modo in cui si sbuccia una mela, per ottenere una scorzetta abbastanza lunga, in modo tale che possa coprire l’intero bordo del bicchiere.
Un consiglio molto pratico anche se non del tutto canonico può essere quello di fare due piccole tacche alle estremità della buccia, ed incastrarle tra di loro per ottenere un cerchio stabile della stessa forma del bicchiere.
Inseriamo la buccia all’interno del calice, lasciando che sporga di fuori e continuiamo inumidendo il bordo del bicchiere con del succo di limone.
aiutandoci con un cucchiaio cospargiamo a pioggia la parte inumidita con dello zucchero bianco (ricordando di tenere un piattino sotto le nostre mani per non sporcare e sprecare lo zucchero che cade in eccesso).
Versiamo nello shaker gli ingredienti e misceliamo con ghiaccio per circa 8 – 10 secondi.
Con uno strainer filtriamo il drink e serviamo senza ghiaccio nel calice già pronto.
Nota sugli ingredienti:
E’ sorprendente che in una città come New Orleans Santini decise di utilizzare il brandy al posto del cognac, ma non ci dobbiamo sorprendere se ad oggi alcuni barmen preferiscono il più nobile cugino francese al brandy. La cosa importante è la scelta del cognac, un VSOP o superiore.
Ricordiamoci che questa ricetta si rifà alla definizione storica del cocktail, inteso come bevanda a base di spirito, zucchero e bitters e deve essere leggermente sbilanciata verso la parte alcolica del drink per far apprezzare il corpo ed il calore dello spirito usato. Quindi la qualità del distillato scelto ha un ruolo chiave nella buona riuscita della ricetta.
L’utilizzo di poche gocce di limone, non fa di questo drink un sour, nè tantomeno conferisce forte acidità al drink. Piuttosto direi che la parte agrumata serve a dare una fresca nota citrica e a bilanciare la dolcezza di un cocktail che deve avere un carattere forte e risultare deciso di spirito al palato.
Il termine “crusta” si riferisce proprio alla bordatura di zucchero che deve glassare non solo il bicchiere, ma anche parte del lungo peel di limone inserito sul bordo. Oggi , a meno che non vi troviate a New Orleans, difficilmente si preparano bicchieri con crustas qualche ora prima di un turno di lavoro, ma anticamente il crusta non era una bordatura “morbida”, proprio il suono della parola ci dà una idea di come lo zucchero dovesse essere seccato e ben saldo al bordo del bicchiere.
La Storia:
A metà Ottocento Joseph Santini, un bartender di New Orleans di origini italiane, gestiva il City Exchange, un bar situato proprio nel cuore del quartiere francese.
Un articolo del New York Times del dicembre 2018 racconta che era un barman brillante, e incarnava a pieno la figura del barkeeper di un’epoca in cui nella Big Easy i drink erano vistosi e abbondanti nelle porzioni.
La sua curiosità lo potrò a sperimentare un modo per rendere la tipica formula del cocktail più interessante. Erano gli anni in cui il Sazerac ancora non era ancora diffuso in tutta la città, e questo modo di Santini di preparare un cocktail, con una intera scorzetta di limone e la bordatura di zucchero, iniziava a piacere alle persone.
Nel 1855 Santini aprì il suo Jewel of the South saloon su Gravier street, nel quartiere americano della città.
La ricetta del drink era ormai perfezionata, il Brandy Crusta riscuoteva successo, era una bevanda forte ed alcolica e ai clienti piaceva l’idea di bere un cocktail già freddo (Santini preparava il drink con ghiaccio e lo serviva già freddo ma senza ghiaccio nel bicchiere).
Tuttavia , come viene riportato in un articolo del The Times-Picayune del 18 ott. 1987, la fama di questo cocktail restò all’interno dei confini della città di New Orleans, fino a quando nel 1862 Jerry Thomas ( che di sicuro avrà conosciuto Santini durante la sua permanenza nella Crescent City) non decise di inserire il Brandy Crusta nel suo manuale.
Si può dire che i drink di Santini fecero colpo sul professore, il suo nome un po’ meno, infatti come si legge nel Bon Vivant’s Companion Thomas era convinto che Santini fosse spagnolo.
Nel suo libro Thomas inserì anche un crusta con gin (Holland) e uno con rye, ma la ricetta che funziona meglio, cioè quella che i clienti preferivano bere era quella con brandy.
Nel corso degli anni ci sono state delle varianti proposte in bicchieri bassi, con bocca larga e senza stelo, ma è preferibile servire un crusta in un calice con gambo, come scriveva D. Embury nel suo libro del 1948 The Fine Art of Mixing Drinks.
Sempre nello stesso manuale, Embury indicava il brandy crusta come il capostipite di una schiera di drink che sostanzialmente sono dei “sour serviti in maniera elegante“.
Nonostante il parare severo e un po’ riduttivo di Embury, questa ricetta fa da crucivia nella storia della miscelazione e nell’evoluzione di diverse ricette. E’ stata una delle prime ricette ad inserire variazioni sostanziali e discostarsi dalla formula classica del “cocktail” che oggi chiamiamo old fashioned e possiamo senza dubbio dire come del resto fece anche il Professore, che è una evoluzione del Brandy Cocktail.
Soprattutto va detto che è dà questa ricetta che ha origine il più moderno Sidecar, e sebbene ci piace pensare che il Margarita abbia più origini in comune con i daisies, è indiscutibile la somiglianza per l’utilizzo del crusta e del liquore all’arancia.
In effetti questa ricetta ha aperto la strada all’utilizzo del succo di limone non solo nei punches. Per gli austeri bevitori di cocktails a base di whiskey, zucchero e bitters questa pratica poteva sembrare un’aberrazione, ma solo nella città creola una ricetta così edonista poteva varcare il confine tra un cocktail ed un punch.
Certo il succo di limone era strettamente legato anche all’utilizzo del liquore usato come addolcitore.
Thomas (come Santini) utilizzava curaçao e succo di limone senza specificare precisamente la quantità di succo, nel 1882 Harry Johnson invece modificò la ricetta inserendo il maraschino al posto del liquore all’arancia e fissó la sua porzione di succo di limone a 4 o 5 gocce.
Il successo del brandy crusta non è stato costante nel tempo e come è immaginabile, la crisi della Fillossera non ha reso facile la sopravvivenza di questa ricetta.
Oggi viene spesso riservato per avventori amanti di ricette storiche e poco convenzionali, per il ritorno in auge di questo cocktail dobbiamo ringraziare Chris Hannah , che nel 2004 mentre lavorava al Arnaud’s French 75 Bar decise di inserire la ricetta nell’offerta del bar.
Agli inizi del 2019 Chris Hannah insieme a Nick Dietrich hanno ridato vita ad un locale nel quartiere francese di New Orleans, lo hanno chiamato Jewel of the South in onore del bar di Santini e come signature drink hanno riproposto a menu proprio la ricetta storica del cocktail.