Bicchiere : Coppetta da Cocktail
Metodo : Stir & Strain
Decorazione : Zest di Limone
Ingredienti :
- 30 ml di Scotch Whisky Kilchoman Machir Bay
- 30 ml di Vermouth Dolce
- 30 ml di Vermouth Dry
- 1 dash di Aromatic Bitters
Preparazione :
Versare gli ingredienti in un mixing glass e mescolare con ghiaccio per 15 secondi circa. Rispettando la regola di un giusto equilibrio tra volume del ghiaccio e livello del cocktail, ovvero evitando che ci siano cubetti di ghiaccio oltre la superficie del liquido nel mixing glass, ci assicureremo il giusto raffreddamento e la giusta diluizione del drink. È buona norma aggiungere altri cubetti di ghiaccio nel mixing glass appena abbiamo finito di mescolare per interrompere il processo di diluizione.
Usare uno strainer per trattere il ghiaccio e filtrare il cocktail in una coppetta da cocktail precedentemente raffreddata.
Esprimere gli oli essenziali della scorza di un limone sulla superficie del cocktail e decorare.
Note sugli ingredienti :
La parte di vermouth e lo Scotch inducono a considerare l’Affinity alla Stregua di un Manhattan preparato con whisky scozzese, e non manca l’interpretazione di questo cocktail come un “perfect” Rob Roy dato l’utilizzo del vermouth dry. A tutti gli effetti il bilanciamento tra vermouth dolce e dry porta al palato un piacevole equilibrio tra un gusto dolce-amaro e speziato, rendendo il cocktail perfetto per l’aperitivo e ottimo anche come dopocena. Può sembrare superfluo sottolineare quanto la scelta delle etichette influenzerà l’equilibrio dolce-amaro-aromatico, ma in definitiva resterei legato ai vermouth dolci di Torino più equilibrati e al più classico francese per il dry.
La struttura semplice della ricetta lascia spazio alla interpretazione dei dettagli e dunque non solo la scelta del vermouth influenza il sapore del cocktail. Lo stile di Scotch utilizzato definisce drasticamente il sapore ed il profilo dell’Affinity cocktail. Di norma in miscelazione si trova conveniente l’utilizzo di uno Scotch blended, in verità un single malt porta nel drink una enorme personalità ritagliando un profilo al cocktail che rispecchia la provenienza e lo stile di lavorazione tipico della regione scozzese di provenienza.
Potrebbe sembrare azzardato, ma la scelta del giusto Scotch whisky di Islay trova giustificazione nel migliore equilibrio tra ricchezza di sapore, grado alcolico e note aromatiche. Kilchoman Machir Bay prende il nome dalla spiaggia più suggestiva di Islay. Maturato prevalentemente in botty ex-bourbon, questo single malt sfoggia un elegante bilanciamento tra il classico carattere torbato di Islay, una complessità floreale, una morbidezza che ricorda caramello e vaniglia, e una delicata dolcezza agrumata. Il fumo di torba isolana, ricca di elementi marini, dona i sentori affumicati, che seppur presenti non risultano prepotenti nel sapore complessivo. Questo whisky ha un gusto pulito e fresco, dove terrosità, fumo, sentori salmastri e leggere note floreali e agrumate stanno in perfetto equilibrio. La parte morbida del whiskey lega con il corpo del vermouth e accompagna i primi assaggi dando struttura e corpo all’intero cocktail. La persistenza delle note più rotonde cambia solo sul finale del cocktail che ricorda il carattere torbato del single malt di Islay.
La decorazione più comunemente utilizzata per l’Affinity cocktail è uno zest di limone che dà un tocco fresco e citrico alla ricetta, ma non è sbagliato completare o sostituire la decorazione con una ciliegina al maraschino Fabbri che porterebbe nel drink una leggera aggiunta di dolcezza.
La Storia :
La prima traccia di un cocktail chiamato Affinity la troviamo in un articolo del New York Sun del 1907, una ricetta che già era a base di Scotch whisky ma con uno o due ingredienti diversi da quelli che usiamo noi oggi.
L’Affinity compare un anno dopo nel manuale di William T. Boothby “The World’s drinks and how to mix them“, il drink non viene riportato nel ricettario in ordine alfabetico, fa parte invece di una appendice al manuale che racconta “Some new up to now American Seductive cocktails”, del resto ad inizio Novecento la ricetta era a tutti gli effetti una novità. L’Affinity secondo Boothby doveva essere preparato frappè (ovvero in una coppetta da cocktail ben fredda con tanto ghiaccio a scaglie) e sebbene abbia fatto la sua comparsa il vermouth secco nella ricetta al posto dello Scotch veniva utilizzata la Crème de Violette.
La versione dell’Affinity Cocktail riportata da Hugo Ensslin nel suo manuale del 1916, utilizza i due diversi vermouth e lo Scotch insieme. Questa versione del cocktail è anche la più classica nella preparazione, non si fa accenno di frappè, anzi il drink viene miscelato nel mixing glass e servito in coppetta con twist di limone e ciliegina.
Come accenna anche Wondrich in Imbibe, il libro di Ensslin fu di ispirazione per Craddock nello scegliere le ricette preferite del Savoy ed infatti nel libro del 1930 troviamo la ricetta ripresa nella maniera identica a quella del 1916, se non fosse che Craddock evita l’utilizzo della cliegina, creando (inconsapevolmente) il nuovo standard di servizio dell’Affinity che è ancora un must per i barmen di oggi.
Nel 1948 Embury punta il dito contro l’utilizzo dello Scotch nei cocktail, a difesa del sapore puro del whisky scozzese, ma non può negare che è il caso di annoverare nella sua selezione di cocktail aromatici l’Affinity legando la ricetta al nome di Scothc Manhattan.
Come è capitato per numerose ricette vintage il trend della riscoperta dei cocktail classici ha spolverato e ringiovanito anche l’Affinity che viene menzionato dai tre autori del Death & co. nel ricettario del 2018 Cocktail codex. In questo caso la ricetta è stata adattata verso uno stile che richiama fortemente la formula di un Manhattan dry, senza dubbio questa versione incontra le preferenze del pubblico dei nostri giorni, ma io resterei invece fedele alla formula originale in parti uguali, un po’ per pignoleria, un po’ per dare al cocktail un aspetto meno spiritoso e più orientato ad un low alcohol drink adatto per l’aperitivo.