Bicchiere : Coppa da Cocktail Mariantonietta
Metodo : Shake & Strain
Decorazione : Zest di Limone
Ingredienti :
- 50 ml di Dry Gin
- 22 ml di Triplesec
- 22 ml di Succo fresco di limone
- 10 ml di Albume d’uovo (opzionale)
Preparazione :
Versare tutti gli ingredienti in un cobbler shaker (tre pezzi) colmo di ghiaccio, unire gli ingredienti shakerando per 10-15 secondi.
Filtrare il cocktail con un colino a maglia stretta in una coppetta da cocktail ghiacciata.
Esprimere gli oli della buccia di un limone sulla superficie del drink e decorare con una scorzetta di limone.
Note sugli ingredienti :
Il White Lady è un drink asciutto e aspro al palato che viene arrotondato dal profilo più morbido del liquore all’arancia.
Nella formula ricorda un Sidecar o un Margarita, la struttura di questo cocktail deve bilanciare gli ingredienti per esaltare il sapore secco del gin senza eccedere con la rotondità del liquore che rischia di appiattire il gusto del distillato e l’aspro del succo di limone. Il gin, il liquore e il limone colpiscono tutte le note del gusto, fondendo sostanze botaniche tonificanti con arancia dolce ed il sapore acre del limone.
Audace e complesso, aromatico e sottile, ricco di botanici citrici ma con una forte spina dorsale di ginepro, il tipo di gin è una scelta importante per definire il profilo del White Lady. Questo cocktail è l’ideale per sperimentare diversi gin, come ad esempio un London dry per avere un cocktail che abbia corpo e sia asciutto oppure, un gin ricco di sapori citrici per accompagnare il profilo sour del cocktail, o perchè no, gin più floreali per dare risalto a profumate note delicate.
Dagli anni 2000 le diverse etichette di triplesec hanno assunto un profilo più asciutto, per questo motivo, a seconda dei palati, può essere consigliabile aggiungere un tsp di sciroppo di zucchero alla ricetta per bilanciare al meglio la rotondità e la dolcezza di questo cocktail.
Le ricette più antiche del White Lady non menzionano l’utilizzo del bianco d’uovo, e la scuola classica mette l’accento sulla tecnica di preparazione del white lady senza ulteriori aggiunte. Ma va detto che l’albume arrotonda il sapore del cocktail, la schiumosità data dall’albume espande il volume del drink, leviga le spigolature del gin, produce un corpo ricco e setoso e distribuisce l’aroma del drink per tutta la “spumosità” del drink.
Per incorporare al meglio il bianco d’uovo con i componenti liquidi, consiglio di provare la tecnica della Reverse Dry Shake che consente di emulsionare l’albume e l’intero cocktail e si traduce in un drink omogeneo e perfettamente miscelato, con un capelo di schiuma denso e che dura durante la bevuta.
Il classico shaker cobbler a tre pezzi è ideale per la preparazione di questo cocktail (specialmente quando è preparato senza albume), gli ingredienti hanno poco spazio per muoversi e durante la shakerata incorporano tanta aria che “gonfia” il drink rendendolo più morbido al palato, ma è necessario che il ghiaccio utilizzato sia cristallino e a pezzi grandi per evitare una eccessiva diluizione.
La Storia:
Alla creazione del White Lady vengono sempre associati due nomi storici della miscelazione, Harry MacElhone e Harry Craddock, resta da capire se si tratti della stessa ricetta che ha subito un’evoluzione nel tempo, oppure di una coincidenza “fortuita” legata ad un nome evocativo ed ammaliante. Il nome infatti può rimandare alle leggende inglesi sulle apparizioni spettrali con volto di donna, che venivano chiamate “dama bianca”, White Lady appunto, oppure potrebbe rimandare ad una signora in particolare a cui il barman ha dedicato il drink come la tennista Suzanne Lenglen.
È un dato di fatto che la prima traccia di un cocktail con questo nome si trovi nell’Harry’s ABC of mixing cocktails del 1919 di MacElhone. A quei tempi il barman scozzese era al bancone del Ciro’s di Londra, tuttavia la ricetta del White Lady era decisamente diversa rispetto a quella che utilizziamo noi oggi, infatti prevedeva triplesec e creme de menthe-pastille. La rarità dell’edizione del 1919 ci lascia il dubbio se la ricetta iniziale fosse preparata con succo di limone oppure Brandy, ma di sicuro la formula con Brandy, Creme de Menthe e liquore all’arancia venne riportata nell’edizione del 1923, in quella del ’26 e nella edizione del 1927 di Barflies and cocktails.
Però, sembra che a Parigi MacElhone abbia cambiato la ricetta, provando alternativamente prima ad introdurre succo di limone al posto del brandy e poi gin al posto del liquore alla menta in una ricetta basata su una formula sour che ricorda un Sidecar con gin. Tuttavia solamente una fonte molto recente accreditata a Andrew & Ducan MacElhone, che ha aggiornato la versione dell’ABC of mixing cocktails del 1998 in una ristampa tardiva del 2006, riporta una ricetta a base di gin, limone e liquore all’arancia attribuita all’Harry del New York Bar.
Seguendo la linea temporale, in realtà, la prima traccia di un White lady che segue la ricetta a noi più familiare, è opera di Harry Craddock che inserì un White Lady Cocktail nel suo libro del 1930 The Savoy Cocktail Book. Al celebre hotel di Londra si racconta che Craddock serviva questo drink a Zelda Fitzgerald a cui dedicò il nome del cocktail per via della sua chioma biondo platino.
Senza dubbio Harry Craddock ha reso famosa questa ricetta, non solo per averla insererita nel suo libro, ma perchè l’ha fatta sua rendendo il White Lady un vero e proprio marchio di fabbrica, si narra che nel 1927 abbia fatto murare in una parete dell’hotel Savoy uno shaker, mai ritrovato, riempito con questo cocktail che rappresentava lui e la sua idea di bar dell’era del proibizionismo.
L’aneddoto ha un fascino particolare e racconta il carisma del “Decano” del cocktail, che, manco a dirlo, ripropose una fiaschetta “nascosta” di White Lady anche dietro ad un muro di un altro hotel quando dal Savoy si spostò al Dorchester di Londra, ma ad onor del vero ci dà un riferimento importante per la ricetta, anticipando di 3 anni la pubblicazione del libro e di due anni la versione parigina con gin e limone che nello stesso anno veniva ancora riportata con menta e brandy in Barflies.
Dunque il White Lady è un cocktail che ha prestato la propria ricetta a più variazioni, e nonostante la più evidente sia quella disputata tra i due Harry, si possono contare almeno altre due aggiunte alla ricetta che mettono contro i puristi storici e gli interpreti del gusto nel corso del tempo.
Lo scenario della miscelazione si è evoluto nel tempo, ed anche i classici hanno subito accorgimenti perchè è migliorato il modo di produrre alcol e perchè i palati dei bevitori sono cambiati nel tempo. Da qui l’utilizzo di triplesec, Cointreau, oppure curaçao e le più recenti aggiunte di un tsp di zucchero nella ricetta.
Come è successo per quasi tutti i drink creati sulla base di un sour, c’è stato chi ha iniziato ad aggiungere albume d’uovo alla ricetta e anche se non ci è dato sapere chi sia stato il primo a sperimentare l’aggiunta in questo cocktail, le prima tracce di un White Lady con albume risalgono ad un articolo pubblicato nel 1936 negli Stati Uniti.
L’utilizzo dell’albume dà al cocktail una connotazione a retrò tipicamente anni ’30 ma in realtà i manuali del tempo non sempre riportavano l’aggiunta di albume.
In particolar modo la ricetta più canonica di Craddock venne ufficializzata come standard quando la United Kingdom Bartenders Guild, di cui il decano era presidente, pubblicò nel 1937 la lista “U.K.B.G. Approved Cocktails” dove la dama bianca veniva preparata senza albume.
Negli anni ’40 la versione con albume venne annoverata in manuali di riferimento come The Fine Art of Mixing Drinks di D. Embury.
Nel primo ricettario IBA del 1961 il cocktail venne riportato con la codifica di: White Lady 2/4 dry Gin 1/4 Cointreau 1/4 succo di limone. Si prepara nello shaker con ghiaccio cristallino. Bicchiere doppia coppetta da Cocktail o nel calice. Nonostante gli anni 2000 abbiano visto un notevole incremento dell’utilizzo del bianco d’uovo nei cocktail, la lista IBA delle due recenti edizioni (2011 e 2020) non ha previsto l’albume nemmeno come opzione .
Il White Lady è diventato il più classico esempio di come la miscelazione giapponese abbia alleggerito le ricette classiche dalle aggiunte fatte negli anni, sottolineando l’importanza della giusta tecnica, dell’interpretazione delle ricette originali in funzione del gusto finale del cocktail. Il Maestro Uyeda ha proposto una versione del White Lady rivista nelle proporzioni per ottenere un migliore risultato quando si utilizza la sua Hard Shake. La versione di Uyeda non prevede l’utilizzo di albume, sottolineando l’importanza dell’aria immessa nel drink dalla shakerata, da qui si è sviluppata la scuola giapponese nella maestria della preparazione di questo cocktail. I Maestri della shakerata in Giappone seguono la ricetta più tradizinale evitando l’uovo e il modo più moderno di vedere i sour,Kazuo Uyeda e Hidetsugo Ueno sono del tutto contrari all’utilizzo dell’uovo nei drink. Ma l’omissione dell’albume nello stile giapponese ha qualcosa a che fare più con una questione culturale.