Bicchiere: Coppetta da cocktail
Metodo: Stir & Strain
Decorazione: No Garnish
Ingredienti:
- 45 ml di Rye whiskey
- 45 ml di Vermouth dry
- 10 ml di Amer Picon
- 10 ml di Maraschino
Preparazione:
In un mixing glass ben freddo, mescolare tutti gli ingredienti con ghiaccio per 12-15 secondi. Con uno strainer versare il cocktail in una coppetta ghiacciata .
Note sugli ingredienti:
Il Brooklyn è uno dei classici esempi di come la sostituzione con una piccola parte di amaro e uno spoon di maraschino diano vita ad un riff interessante.
Da una prima occhiata ad ingredienti come rye, vermouth, un amaro a base arancia, si potrebbe dire che si tratti di una variante sul Manhattan. Rileggendo bene la ricetta però, potremmo avvicinare questo cocktail ad una sorta di Martinez a base di whiskey, dove l’equilibrio tra vermouth liquore ed amaro ci dà un drink forte, tendezialmente secco, e con richiami morbidi.
Rye e vermouth secco non sembrano un mix così popolare, ma la sostanza del Broolyn è proprio questa.
Il vermouth francese permette ai sapori speziati e pungenti del rye di spiccare nel mix (soprattutto se scegliamo un whiskey a 100 proof), e regge bene anche abbondanti dashes di Maraschino e Amer Picon.
Questa ricetta è particolarmente interessante per chi ha sviluppato un gusto per il vermouth secco, poiché il suo sapore si esprime bene in questa combinazione forte di spirito e dalle note amare e dolci.
Il liquore al maraschino aggiunge una ricca dolcezza, che bilancia piacevolmente il vermouth secco e dà la necessaria texture al drink.
La maggior parte dei manuali americani per bartenders fa notare la difficoltà di reperire l’Amer Picon, negli Stati Uniti.
Inoltre, Day, Fauvhald e Kaplan scrivono nel loro “Cocktail Codex” che la versione odierna del Picon non è amara e ricca di sapore come l’amaro francese che veniva prodotto agli inizi del 1900. Il problema sta nel fatto che la ricetta dell’amaro fu cambiata per ben due volte nella seconda metà del ‘900, riducendo il grado abv fino a 18%, come raccontano anche Brown e Miller in Mixellany . Il consiglio è di usare il China china Amer, un amaro “prodotto tenendo in mente la ricetta del Picon”, oppure comunque un amaro dal sapore non troppo asciutto e a base di arancia, come l’amaro Ciociaro.
In Europa invece dove l’Amer Picon è più facile da trovare, vale la pena di ragionare sulla porzione da includere nella ricetta, e magari versare qualche dash più abbondante rispetto al maraschino, per rimanere fedele al sapore originale del drink.
La ciliegia come garnish, oppure il peel di limone come suggerito da Wondrich, in effetti non mettono tutti d’accordo. Volendo seguire un trend minimalista che viene dagli Stati uniti, molti di questi drink miscelati nei bar della Grande Mela vengono serviti senza decorazione. Soprattutto per un discorso di non voler aggiungere ulteriore dolcezza al drink.
La Storia:
Questo classico del pre-proibizionismo insieme al Manhattan e al Red Hook, è uno dei cinque cocktail che prendono il nome dai quartieri di New York City.
La ricetta apparve per la prima volta nel Jack’s Manual di Jack Grohusko del 1908 con la particolarità che in origine il drink era preparato con vermouth dolce. Jacob “Jack” Grohusko era l’head bartender del Ristorante “Baracca”, un tipico luogo di incontro di Wall Street a sud di Manhattan. A dire il vero “Jack” non aveva alcun legame con Brooklyn se non che fosse il quartiere di provenienza del proprietario del ristorante.
Il vermouth dolce fu sostituito poi con uno francese quando la ricetta comparve nel “Manual of Mixed Drinks” di Jacques Straub del 1914.
La scelta del vermouth dry fu consacrata da Harry Craddock, che apprezzò la ricetta del Brooklyn e la incluse nel “Savoy Cocktail Book” del 1930. La versione di Craddock però portava 1 dash di Maraschino, 1 dash di Amer Picon, 2/3 di Canadian Club e solo 1/3 di vermouth dry.
A tutti gli effetti quella di Straub è la ricetta così come viene servita oggi, la sostituzione del vermouth dolce cambiò non di poco l’essenza del cocktail, rendendolo più asciutto e dalla texture meno corposa.
Dimenticato dopo il proibizionismo, la fortuna di questo cocktail è stata decisamente altalenante a causa della difficoltà di reperire l’Amer Picon Oltreoceano.
La ricetta del Brooklyn ebbe poco successo, vista come una variante del Manhattan e si ritrovava solo qua e là in qualche manuale nel corso degli anni.
“The Artistry of Mixing Drinks” di Frank Meier del 1936, riporta la ricetta con parti uguali di whiskey e vermouth ma senza Amer Picon!!!
Talune ricette prevedevano un rapporto in parti uguali o 2/3 e 1/3 tra rye e vermouth, ma lo sbilanciamento verso il whiskey si allontanava dal drink originale.
Nel 1948 ci pensò Embury (the Fine Art of Mixing Drinks) con il suo modo di scrivere così dissacrante a sentenziare il declino di questa ricetta. Definì il Brooklyn come un Dry Manhattan con un dash di Maraschino, così come lo preparavano al Grand Hotel St. George di Brooklyn (anche se la ricetta ripotata nel suo manuale prevedeva anche un dash di Picon oltre a 1 parte di dry, 3 di rye, 1 dash di Maraschino), e ci tenne a precisare che anche lì si servivano più Manhattans che Brooklyn cocktails. Non solo, concludendo in maniera severa come spiegazione scrisse “Provateli entrambi e capirete il perchè”.
Tuttavia agli inizi degli anni 2000, come testimonia Ted Haigh nel suo “Vintage Spirits and forgotten cocktails“, questo drink ha trovato una nuova scintilla nei baristi alla ricerca (ossessiva) degli amari più artigianali a base di arancia che avessero potuto sostituire il francese poco reperibile.
Questa ricetta è stata di ispirazione nella creazione del Red Hook per Vincenzo Errico ai tempi in cui lavorava al Milk & Honey .
Il susseguirsi di modifiche alla ricetta negli anni hanno portato ad una considerazione su come interpretare il Brooklyn in chiave moderna, indipendentemente dall’utilizzo del Picon o di un altro amaro a base di arancia, due esperti di miscelazione come David Wondrich e Jim Meehan sono giunti ad una conclusione sull’utilizzo del vermouth dry, che in realtà accende un dubbio sulla ricetta del 1914.
L’ interpretazione del cocktail che ci viene data da Wondrich,fa notare come la ricetta del 1908, pur sembrando un Manhattan accentuato, sia di gran lunga più interessante di quella a base di vermouth dry, e che meglio si presta alle preferenze dei bevitori degli utlimi 15-20 anni.
Jim Meehan nel suo manuale del bartender, pur allontanandosi di molto dall’originale, in favore di un mutato gusto dei bevitori riduce la dose di vermouth. Soprattutto pensando fuori dagli schemi introduce l’utilizzo di un vermouth bianco di Chambery per un risultato migliore nel drink.
A metà strada tra un vermouth francese asciutto e ossidato, e uno dolce troppo caramellato, il bianco di Chambery ha note fruttate che possono sposare meglio il sapore del Maraschino e dell’amaro.
In definitiva, se ordinassi un Brooklyn ad un qualunque bancone mi aspetterei sempre la ricetta con parti uguali di rye e vermouth dry, ma mi piacerebbe molto lasciarmi sorprendere da una interpretazione diversa (ma soprattutto ragionata) sul vermouth.